Nell’era degli antibiotici moderni (molto spesso iperutilizzati senza indicazioni precise), l’ascesso prostatico è una condizione che si presenta poco frequentemente; tuttavia, va diagnosticata in modo tempestivo poiché una corretta gestione permette di evitare complicanze significative che a volte possono mettere in pericolo la vita del paziente.

La letteratura a nostra disposizione sull’argomento descrive come fattori predisponenti il diabete mellito, l’ostruzione cervico-uretrale (tipicamente determinata da ipertrofia prostatica), il cateterismo vescicale permanente, la biopsia prostatica, le malattie croniche epatiche e renali. E’ una condizione che si presenta ad ogni età anche se più di frequente in epoca più avanzata.

L’ipotesi più probabile nella formazione di un ascesso prostatico è quella del flusso retrogrado di urina, contaminata, all’interno dei condotti prostatici durante la minzione, fenomeno che determina la formazione di microascessi i quali poi unendosi portano alla formazione di ascessi di maggiori dimensioni. Il batterio E. Coli è il principale responsabile di infezioni del basso tratto urinario ed è il patogeno prevalentemente responsabile di ascessi prostatici; tuttavia, patogeni atipici possono essere coinvolti nella patogenesi in pazienti defedati e immunocompromessi.

La sintomatologia è varia. Normalmente il paziente lamenta sintomatologia disurica (aumento della frequenza minzionale, urgenza e bruciore) tipica di infezioni del basso tratto urinario; a questi sintomi si associa spesso (fino al 70% dei casi) la febbre e il dolore in sede perineo-scrotale; un terzo dei casi  può presntare ritenzione acuta d’urina e si rende pertanto necessario il posizionamento di un catetere vescicale.

L’ascesso prostatico è potenzialmente pericoloso.  La diagnosi tardiva e il conseguente ritardo nell’impostazione di un adeguato trattamento sono forieri di complicanze come la rottura spontanea e la fistolizzazione verso uretra, vescica, perineo, retto o evoluzione verso la setticemia (disseminazione dei patogeni nell’organismo attraverso i vasi sanguigni) con rischie di morte.

Secondo quanto emerso da un recente studio, nei pazienti con sintomatologia riferibile a prostatite acuta, risulterebbe importante l’esecuzione precoce di studi diagnostici volti a escludere la presenza di un ascesso in maniera tale da ridurre l’ospedalizzazione, la durata della terapia antibiotica e le complicanze. L’indagine diagnostica di primo livello è l’ecografia transrettale: l’ascesso si presenta tipicamente come un’area ipoecogena (scura rispetto alle regioni circostanti), localizzata nella zona di transizione o centrale della prostata e circondata da un alone iperecogeno. L’ascesso va differenziato da neoplasie, lesioni cistiche, granulomi, aree infiammatorie: per questo, risultano particolarmente utili la TAC e la  RMN, soprattutto nei pazienti con prostatite acuta che mostrano persistenza della sintomatologia nonostante la terapia antibiotica.

Il trattamento varia da caso a caso.  Non esistono linee guida specifiche. La prima linea di trattamento è la terapia antibiotica a largo spettro: la sua efficacia è in relazione all’estensione dell’ascesso in quanto può essere risolutiva negli ascessi singoli, di piccole dimensioni. In altri casi si può rendere necessario procedere all’evacuazione dell’ascesso, in anestesia locale, per via transrettale o transperineale sotto controllo ecografico: il materiale purulento aspirato è importante perché gli agenti patogeni isolati sono spesso diversi da quelli che si trovano nella cultura delle urine determinando modifiche significative della terapia antibiotica. Non è comunque infrequente la necessità di evacuazione dell’ascesso per via transuretrale, procedura a rischio di disseminazione per via ematica e linfatica  dei patogeni ma che generalmente permette di ottenere un rapido miglioramento delle condizioni cliniche del paziente. Infine, in casi eccezionali, si deve ricorrere al drenaggio chirurgico specialmente in quei pazienti con coinvolgimento extraprostatico.

Di recente  ho trattato un paziente anziano che si è presentato alla mia attenzione con catetere vescicale a permanenza da 2 mesi per ritenzione acuta di urina insorta dopo un periodo di disturbi minzionali irritativi, dolore pelvico e perineale  e febbre. La terapia antibiotica non aveva risolto la sintomatologia. L’ecografia prostatica transrettale, da me eseguita, evidenziava un ascesso intraprostatico di ben 4,5 cm del lobo destro della prostata  che ostruiva l’uretra  prostatica. Il paziente è stato sottoposto, in anestesia loco-regionale, a drenaggio percutaneo  dell’ascesso per via trans-perineale. L’esame colturale risultava positivo per E. Coli. Il paziente è stato dimesso in prima giornata con terapia antibiotica mirata e dopo 1 settimana ha rimosso il catetere vescicale con ripresa della minzione spontanea. Sono, altresì, scomparsi i dolori pelvici e perineali.

In conclusione, dolori pelvici e perineali associati a importante sintomatologia minzionale irritativa con febbre devono essere tempestivamente valutati dall’urologo per escludere la presenza di un ascesso prostatico che seppur raro può essere molto pericolo per il paziente.

Dott. Gian Luca Milan

Contatta il dottore