L'iperplasia prostatica benigna (IPB) è una malattia comune nella popolazione anziana. L’ingrossamento della prostata inizia già intorno ai 40 anni ed aumenta progressivamente con l’avanzare dell’età e, pertanto, è considerata una patologia benigna a carattere progressivo, in cui la crescita lenta ma costante della ghiandola prostatica si traduce clinicamente in uno spettro di sintomi che altamente inficiano la qualità di vita del paziente e che vengono comunemente chiamati sintomi del basso tratto urinario (LUTS). Tra questi sintomi, infatti, vi sono  l'urgenza e l'aumentata frequenza minzionale, un getto debole di urina, la nicturia, e lo svuotamento incompleto della vescica.
Molti sono i fattori potenzialmente implicati nella patogenesi e progressione dell'IPB. Infatti, anche se l'età resta il fattore di rischio più riconosciuto per l'IPB, questa può riflettere altri disordini sistemici, quali ad esempio la sindrome metabolica. Un potenziale fattore eziologico comune tra IPB e la sindrome metabolica è senz'altro l'ipogonadismo (bassi livelli dell’ormone maschile circolante: testosterone).


Dati recenti hanno infatti suggerito che l'ipogonadismo nel maschio può essere considerato una caratteristica clinica aggiuntiva della sindrome metabolica. Tuttavia, anche se il trattamento sostitutivo con testosterone porta notevoli benefici al paziente ipogonadico, ivi compreso il miglioramento dei parametri metabolici (glicemia a digiuno, la tolleranza al glucosio, circonferenza addominale, trigliceridi e HDL-colesterolo), le preoccupazioni di potenziali effetti collaterali a livello prostatico ne hanno fortemente limitato l'impiego.
Nonostante il testosterone sia storicamente considerato un nemico della prostata, recenti evidenze cliniche e precliniche hanno ribaltato questa visione. Alcuni studi pilota hanno documentato, infatti, l'efficacia del testosterone nel migliorare i LUTS in pazienti affetti da ipogonadismo con IPB. In un piccolo studio randomizzato controllato che ha coinvolto 46 uomini affetti da ipogonadismo con IPB, il testosterone ha portato un notevole miglioramento dei LUTS.
Recentemente, in un'ampia coorte di uomini affetti da ipogonadismo, IPB e sindrome metabolica, la normalizzazione dei livelli plasmatici di testosterone dopo terapia sostitutiva, non solo si è dimostrata in grado di migliorare significativamente i parametri della sindrome metabolica, ma ha anche portato alla diminuzione della sintomatologia dei LUTS, senza alcun cambiamento significativo nella dimensione della prostata.
Un possibile effetto benefico del trattamento con testosterone sulla patologia prostatica è stato  suggerito anche da studi preclinici. In un modello animale di ipogonadismo ipogonadotropo associato a sindrome metabolica, si è dimostrato lo sviluppo di alterazioni morfo-strutturali e molecolari a livello di tutto il tratto uro-genitale ivi compresa prostata e vescica. In particolare, a livello prostatico la sindrome metabolica induce una marcata infiammazione intraprostatica associata ad ipossia (diminuzione dell’ossigeno), e rimodellamento tissutale, componenti chiave nello sviluppo e nella progressione dell' IPB. E' interessante notare come il trattamento sostitutivo con testosterone in questi animali affetti da sindrome metabolica e ipogonadismo impedisse completamente lo sviluppo di queste alterazioni prostatiche. Un analogo effetto benefico del testosterone è stato osservato anche a livello della vescica.
Un recente studio retrospettivo su una piccola casistica di pazienti affetti da IPB e sottoposti a prostatectomia radicale, ha evidenziato che l'ipogonadismo era associato ad un rischio cinque volte maggiore di una severa infiammazione intraprostatica. Anche studi in vitro hanno dimostrato che gli androgeni  svolgono un potente ruolo anti-infiammatorio sulle cellule umane prostatiche.  

Pertanto, il trattamento con testosterone dovrebbe essere considerato più un amico che un nemico della prostata. Infatti, recenti studi epidemiologici ed istopatologici hanno evidenziato che l'infiammazione cronica intraprostatica è il "primum movens" da cui origina lo stimolo proliferativo  per le cellule stromali ed epiteliali prostatiche, ed il rimaneggiamento tissutale tipico dell'IPB.

In linea con queste evidenze, un recente survey di più di 1.300 pazienti affetti da ipogonadismo in terapia sostitutiva con testosterone,  ha dimostrato che l' incidenza di cancro alla prostata durante la terapia a lungo termine era equivalente a quella attesa nella popolazione generale.  Questo studio suggerisce  che un trattamento a base di testosterone, proprio in virtù del monitoraggio regolare della prostata, permette una diagnosi precoce di cancro della prostata e può essere, pertanto,  più sicuro per l'individuo di ogni altra alternativa senza sorveglianza clinica.