incontinenza urinaria

L’attività fisica sull’organismo umano può essere di tipo aerobico o anaerobico. Il primo comporta l’intervento progressivo dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio, mentre l’esercizio fisico anaerobico prevede un aumento delle resistenze periferiche per l’elevata tensione muscolare. L’attività fisica si comporta come un farmaco: a dosaggio basso non dà alcun effetto, a dosaggio ottimale dà effetti positivi e a dosaggio elevato può comportare effetti negativi. Tra le complicazioni di interesse nefro-urologico di un esercizio fisico intenso annoveriamo la proteinuria, l’ematuria, l’insufficienza renale acuta, i traumi renali .

Per quanto riguarda i soggetti affetti da iperplasia prostatica benigna(IPB) è necessaria un’attenta valutazione dei singoli individui per la scelta oculata dell’attività fisica più idonea. Ad esempio si consiglia cautela negli sport che sollecitano il perineo quali motocross, trial , ciclismo ed ippica. Come regola di base bisogna mantenere un adeguata idratazione.

Un ambito sportivo particolare riguarda l’incontinenza urinaria che può rappresentare un ostacolo, spesso insormontabile, per l’atleta che ne è affetto, che vede limitata non solo la prestazione sportiva ma anche la possibilità di praticare attività fisica volta al raggiungimento del proprio benessere psicofisico. La perdita di urina durante l’attività fisica tra le giovani sportive di alto livello che non hanno partorito è pari al 20-30%. I valori variano, in funzione dello sport, dal 60 % delle donne che praticano ginnastica, al 60% delle giocatrici di basket, al 50% delle giocatrici di tennis, al 42% delle praticanti di hockey su prato, al 25% delle praticanti atletica, al 10% delle nuotatrici, al 9% delle giocatrici di volley e così via. In altri sudi a livello di atlete professioniste i valori sono anche più alti: si stima che il 30-50% delle atlete denuncia la comparsa di incontinenza urinaria durante l’attività sportiva. L’incidenza è generalmente maggiore in sport che prevedono consistenti impatti con il suolo, come nei salti, nelle cadute dall’alto, nella corsa. Alcuni consigli possono rivelarsi utili per i soggetti che praticano sport.
Se non si pratica attività sportiva, l’assunzione di acqua andrebbe limitata a non più di 2 litri al giorno; nel caso in cui ci si alleni, invece, la quantità giornaliera dipende dalla quantità di sudore prodotto durante lo sport. Prima, durante e dopo la pratica sportiva bisogna bere tutta l’acqua necessaria per mantenere un buon equilibrio idrico. È bene limitare il consumo di sostanze irritanti la vescica come nicotina, caffeina, alcol, tè, bevande a base di carboidrati, cioccolata, agrumi, pomodori, succo di mele o mirtilli, cibi speziati e bevande dolcificante con aspartame.
Si consiglia inoltre di evitare la pratica di sport che indeboliscono il pavimento pelvico come i salti a gambe divaricate. Le attività a più alto rischio sono ginnastica, basket, volley, pallamano, karate, cavallo con sella, aerobica ad alto impatto e danza. A rischio moderato risultano la corsa, il tennis, lo sci e il pattinaggio.
A basso rischio è invece la pratica di nuoto, ciclismo, marcia, canottaggio a aerobica a basso impatto. In conclusione, le atlete che praticano sport a livello agonistico dovrebbero controllare l’assunzione di liquidi.
Nel caso sussista incontinenza urinaria dovuta allo sforzo fisico (stress incontinence) bisogna fare attenzione alle attività sportive che prevedono un sollevamento di pesi. Un allenamento fisico intenso (come salti e sforzi) senza controllo può determinare un rischio di incontinenza urinaria femminile.

Dott. Gian Luca Milan

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