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La terapia ormonale rappresenta molto spesso una delle terapie per il carcinoma prostatico inoperabile e come terapia coadiuvante di terapie chirurgiche o radioterapeutiche. Sappiamo bene che il meccanismo d’azione della terapia ormonale per costrastare il tumore della prostata è la soppressione della produzione dell’ormone maschile testosterone. Tale ormone nei maschi oltre ad influenzare e garantire una buona sessualità (libido ed erezione), influisce anche su altri aspetti come il metabolismo glicidico e lipido, il mantenimento del tono muscolare ed osseo e, inoltre, è importante sul tono dell’umore. Pertanto, un abbassamento importante dei livelli di testosterone (<0,5 ng/ml) da una parte impedisce alle cellule neoplastiche prostatiche si replicarsi, favorendo un controllo della malattia oncologica, ma, d’altra parte, può causare una serie di effetti collaterali assai importanti tra cui non trascurabile risulta quello di alterare l’umore. Già di per sé la consapevolezza di soffrire di una malattia oncologica può deprimere il paziente, in più se a questo fattore ci aggiungiamo anche complicazioni quali deficit erettile e calo della libido e alterazione del tono dell’umore indotto dalla soppressione ormonale capiamo molto bene quali possano essere i risvolti negativi di queste terapie sull’individuo colpito da neoplasia della prostata.
Secondo i risultati di un nuovo studio, pubblicati sul Journal of Clinical Oncology, gli uomini con il cancro alla prostata, trattati con la terapia ormonale di soppressione androgenica, hanno una probabilità maggiore del 23 % di sviluppare depressione e del 29% di avere un ricovero ospedaliero in psichiatria, rispetto a quelli che ricevono un trattamento diverso.
L’autore principale dello studio Paul Nguyen della Harvard Medical School di Boston sottolinea che la depressione è l’ultimo dei tanti effetti collaterali della terapia ormonale. Ogni uomo in terapia ormonale per il cancro alla prostata dovrebbe informarsi presso il proprio medico sui vantaggi delle terapia rispetto agli effetti collaterali.
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Il dibattito è iniziato con la decisione di Angelina Jolie di farsi asportare entrambi i seni dopo la scoperta di un gene che alza il rischio di cancro. Nelle stesse settimane un manager britannico si faceva asportare chirurgicamente la prostata per lo stesso motivo. La presenza del gene Brca2 che nelle donne è associato all'insorgenza del cancro al seno e alle ovaie, nell'uomo al tumore maschile più frequente. Adesso arriva il secco no alla chirurgia preventiva per la salute degli uomini. Lo hanno ribadito gli urologi del Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO).
Le ultime ricerche hanno dimostrato che l’alterazione, tramite mancate riparazioni del Dna, del gene Brca 2 nel maschio aumenterebbe il rischio relativo di sviluppare il tumore di 9 volte circa rispetto alla popolazione normale. Tendenzialmente i tumori dovuti ad alterazioni genetiche sono più aggressivi, più veloci e danno più facilmente origine a metastasi. Ma per la prostata, a differenza di quello che accade per il tumore al seno e alle ovaie dove la probabilità è molto alta e dove esistono dei percorsi medici precisi, per il tumore della prostata le conoscenze attuali non sono assolutamente tali da garantire la correlazione tra l’alterazione dei geni e l’insorgenza del tumore”.
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Il fenomeno dell’erezione è dovuto ad un rilassamento della muscolatura liscia dei corpi cavernosi del pene, cui segue una vasoldiltazione arteriosa. La costrizione dei vasi venosi determina ristagno del sangue, il suo intrappolamento cui segue l'erezione.
Il rilassamento dei muscoli lisci dei corpi cavernosi è un fenomeno mediato da una sostanza l’ossido di azoto (NO). Esso attiva un’enzima chiamato guanilato ciclasi che catalizza la trasformazione della guanosina trifosfato in guanosina monofosfato ciclico (cGMP) che stimola il rilassamento muscolare. Il cGMP viene degradato ad opera di una fosfodiesterasi di cui si conoscono almeno sei isoenzimi. Nei corpi cavernosi la fosfodiesterasi coinvolta è la fosfodiesterasi di tipo 5 (5PDE)
I farmaci per la disfunzione erettile agiscono inibendo la 5PDE, il che causa un aumento dell'afflusso di sangue, a seguito dell'aumento della concentrazione di cGMP, cui segue un miglioramento dell'erezione. Ai dosaggi terapeutici queste sostanze non producono erezione in assenza di stimolazione sessuale.
Diversi sono ovviamente i possibili effetti collaterali causati dall’assunzione di queste sostanze. Il principale rischio è legato al fatto che la vasodilatazione può portare ad abbassamento della pressione sanguigna (ipotensione), con possibili scompensi circolatori. Il trattamento della disfunzione erettile può essere associato a gravi eventi cardiovascolari. Il sildenafil sembra inibire la stimolazione cardiaca beta adrenergica; infatti, mentre gli effetti del sildenafil a livello cardiaco sono risultati minimi in condizioni di riposo, in condizioni di beta stimolazione o di sovraccarico pressorio il sildenafil ha diminuito le risposte cardiache indotte dalla dobutamina e gli effetti sistolici conseguenti alla beta stimolazione. Bisogna aggiungere che questi effetti sono sicuramente aggravati da una condizione cardiovascolare non ottimale.
Tra gli effetti collaterali bisogna inoltre ricordare che si possono presentare anche disturbi quali vomito, diarrea, disturbi digestivi e vampate di calore oltre alle già accennate alterazioni pressorie.
Tra le molecole citate, il capostipite ed il primo ad essere commercializzato è stato il sildenafil (Viagra); successivamente alla sua immissione sul mercato, sono nati altri due farmaci della stessa classe cioè il tadalafil (Cialis), il vardenafil (Levitra) e l’avanalafil (Spedra). Dei vari composti il Viagra è tra quelli con la durata d’azione più breve (6/8 ore) ma più forte, mentre gli altri hanno un’attività molto più prolungata (il Cialis oltre le 24 ore) ma meno intensa.
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L’ecocolor doppler penieno è una tecnica di imaging ampiamente utilizzata nella diagnosi del deficit erettile (impotenza), grazie alla sua capacità di analizzare il flusso di sangue penieno e di evidenziarne le principali alterazioni.
L'ecocolordoppler penieno sfrutta sonde ecografiche ad alta frequenza (7.5-13 MHz) dotate di software digitale e di modulo color-Doppler, che permettono di analizzare le onde riflesse dalla parte corpuscolata del sangue che scorre nei vasi dell’organo sessuale maschile. Durante l'esame si sfruttano quindi le onde sonore, senza somministrare alcun tipo di radiazione pericolosa.
Oltre alle sonde ecografiche e alla strumentazione correlata, l'ecocolordoppler penieno, vestito dell'aggettivo "dinamico", prevede il ricorso a farmaci vasoattivi, come la prostaglandina PGE1 (alprostadil – nome commerciale: Caverject) - iniettati direttamente nei corpi cavernosi del pene per indurre un a erezione farmacologica. In questo modo, effettuando l'ecocolordoppler penieno in condizioni basali e ripetendolo ad intervalli prestabiliti dopo l'iniezione dei farmaci (fic-test), è possibile studiare la dimensione e lo stato di dilatazione delle arterie cavernose, la velocità di afflusso del sangue all'interno dei vasi del pene, e la struttura dei corpi cavernosi in condizioni di flaccidità e in erezione. L'esame è inoltre in grado di studiare la struttura del pene, evidenziandone eventuali alterazioni ecostrutturali quali fibrosi o placche calcifiche.
Oltre all'iniezione di farmaci, nel corso dell'esame alcuni medici mettono a disposizione del paziente un filmato erotico; tale approccio è dettato dal tentativo di minimizzare la componente emotiva, con blocchi di natura psichica che potrebbero alterare i risultati dell'esame (visual sex stimulation). Sebbene al contrario dei classici farmaci orali (sildenafil, tadalafil, vardenafil, avanafil) i farmaci iniettati nei corpi cavernosi non abbiano bisogno di un'eccitazione psichica per indurre l'erezione, l’ansia del paziente potrebbe comunque determinare una ridotta risposta al farmaco.