carcinoma prostata

Nei paesi industrializzati un carcinoma della prostata viene diagnosticato, nel corso della vita, in un soggetto maschio ogni 7. Nella stragrande maggioranza dei casi il tumore maligno è localizzato all’organo e solamente un soggetto maschio ogni 40 circa muore a causa della malattia neoplastica stessa. La diagnosi precoce della malattia della prostata viene frequentemente in seguito alla determinazione di elevati valori del PSA (antigene prostatico specifico). I principali fattori che determinano il rischio di progressione del tumore maligno della prostata e di recidive e di conseguenza la decisione del tipo di trattamento dipendono da: stadio clinico, grado anatomo-patologico, livelli del PSA e aspettativa di vita in considerazione delle comorbidità associate. Nei pazienti con carcinoma prostatico ad alto rischio la prostatectomia radicale o radioterapia a fasci esterni andrebbero prese in considerazione a prescindere dall’aspettativa di vita adattata in base alle patologie associate.

Le due terapie presentano effetti collaterali diversificati. I pazienti che si sottopongono a prostatectomia radicale rischiano maggiormente di sviluppare deficit erettile o incontinenza urinaria. La brachiterapia può essere un opzione nei pazienti con carcinoma a basso rischio e in alcuni pazienti con rischio intermedio. Un opzione terapeutica a tutti gli effetti è rappresentata dalla sorveglianza attiva nei paziente a rischio basso o molto basso: in questi casi il paziente viene seguito molto strettamente, senza fare alcuna terapia attiva. Solo in caso di progressione si arriverà a un trattamento chirurgico o radioterapeutico. La progressione della malattia neoplastica viene indicata da un aumento/peggioramento del grado anatomo-patologico alle re-biopsie prostatiche, da un aumento significativo dei livelli del PSA, da un peggioramento delle alterazioni riscontrate alla esplorazione rettale o documentate dalla risonanza magnetica multiparametrica della prostata.

In linea di massima, la prostatectomia radicale ha come beneficio quello di minore rischio di progressione a malattia metastatica. Tra i potenziali effetti avversi annoveriamo l’infertilità, cicatrici uretrali, deficit erettile, incontinenza urinaria, riduzione lunghezza peniena, rischi connessi all’intervento chirurgico (emorragie, lesioni intestinali, linforragie e linfoceli).

La radioterapia a fasci esterni evita i rischi associati all’intervento chirurgico e grazie ai miglioramenti tecnologici è in grado di somministrare dosaggi molto più elevati di radiaazioni in un’area precisa. Gli effetti collaterali sono: infertilità, cicatrici uretrali, deficit erettile, cistite da radiazione (attinica), effetti gastrointestinali (diarrea, feci sanguinolente, incontinenza fecale, dolore rettale).

La brachiterapia è indicata nei pazienti con carcinoma della prostata a basso rischio che desiderano sottoporsi al trattamento con minor rischio di effetti collaterali rispetto alla chirurgia o alla radioterapia a fasci esterni. Tra gli effetti collaterali abbiamo: incontinenza urinaria, infertilità, cicatrici uretrali, deficit erettile, cistite da radiazioni, effetti gastrointestinali. Inoltre, l’impianto può essere difficoltoso in pazienti con ostruzione cervico uretrale da ingrossamento benigno della prostata (IPB) o in caso di precedente chirurgica prostatica.

Con l’aiuto delle linee guida di pratica clinica disponibili il medico di base, l’urologo, il radioterapista e oncologo sono in grado di consigliare al paziente con carcinoma prostatico localizzato la scelta migliore tra un trattamento attivo e un approccio di sorveglianza attiva.

Dott. Gian Luca Milan

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